“Signori vi annuncio la fine della fisica. Ormai conosciamo tutte le leggi della natura ed i segreti dell’armonia cosmica”, così Lord Kelvin alla Royal Society nel 1900. Soltanto pochi mesi dopo Max Planck scriveva a suo figlio in una lettera del 12 ottobre: “Caro Edwin oggi ho fatto una scoperta importante come quella di Newton”.
Planck aveva scoperto che un corpo caldo emette radiazioni non in modo continuo ma a pacchetti, quanti di energia, cioè quantità finite discrete. Introdusse così la costante universale, quanto elementare di azione, o costante di Planck, che esprime il valore fisso e non frazionabile in cui l’energia di una radiazione è divisa.
Einstein si accostò in maniera netta alla fisica quantistica ed utilizzò l’ipotesi fatta da Planck per spiegare le leggi dell’effetto fotoelettrico; gli ulteriori sviluppi della meccanica quantistica condussero però all’attuale divisione per la quale la Teoria della Relatività generale elaborata da Einstein risulta valida per studiare i fenomeni a livello macroscopico, mentre la meccanica quantistica viene utilizzata per capire l’Universo a livello subatomico. Le due teorie risultano incompatibili tra loro ed è questo il maggiore problema che affligge oggi la fisica moderna.